Una Passione Proibita: Capitolo Uno

 

«David Lantz?» Isaac si accorse di avere la bocca spalancata e la richiuse di scatto.

Padre aggrottò le sopracciglia scure e cespugliose in un’espressione torva, depose un nastro sulla pagina e chiuse la sua consunta Bibbia di pelle. La sua sedia da cucina in legno scricchiolò quando si appoggiò allo schienale.

Accanto a lui, al tavolo malconcio, Madre si distrasse dal cucito. La luce traballante proiettata dalla lampada a petrolio lasciava in ombra il suo viso. Il cherosene era sul punto di esaurirsi ma, a quanto pareva, a Padre e Madre non dispiaceva dover strabuzzare gli occhi. Isaac pensò che, con indosso il lungo abito blu scuro e il grembiule nero, Madre avrebbe potuto scomparire in quella debole luce se non fosse stato per la cuffia completamente bianca – ogni piega distante esattamente mezzo centimetro dall’altra – che le copriva i capelli biondo chiaro. I lacci sciolti le pendevano sulle spalle.

Isaac si spostò da un piede scalzo all’altro e una tavola allentata squittì sotto di lui. Nessuno di loro indossava scarpe dentro caso tranne durante la funzione, in estate spesso andavano a piedi nudi anche fuori dalla fattoria. Con l’alluce tratteggiò una fessura sul pavimento.

L’aroma dello stufato di pollo che Madre aveva servito a cena aleggiava ancora nell’aria. Se alcuni minuti prima Isaac si era sentito pieno e felice, adesso aveva lo stomaco in subbuglio. Si allentò il colletto, mentre il sudore che gli faceva pizzicare la nuca.

«È solo che lui è…» la mente di Isaac si affannò, ma non riuscì a trovare un termine adatto a descrivere David Lantz nel loro dialetto tedesco. Anche se avevano il permesso di parlare inglese in casa, non riusciva a trovare le parole. Ammutolì e serrò le mani dietro la schiena per impedirsi di giocherellare col pezzetto di legno e col coltello pieghevole che aveva infilati in tasca.

Suo padre Samuel lo fissò per un lungo sgradevole minuto prima di proseguire, nel suo solito tono compassato; le parole lente e ponderate come se ciascuna di esse fosse incisa nella pietra. «Tu vuoi fare il falegname e David Lantz è il migliore di tutta Zebulon.»

Il senso di colpa si rimescolò, come acido, nello stomaco di Isaac. Padre gli aveva trovato un lavoro perché sapeva quanto gli piacesse lavorare il legno. Padre era stato generoso e così lo ripagava Isaac? Eppure, l’idea di passare quasi ogni giorno con David Lantz lo faceva stare sorprendentemente male. «Ma…» Isaac pensò a un motivo valido. «Ancora non si è unito alla chiesa.»

«Ruth, Sarah di Abram non ha detto che David comincerà la sua istruzione questa domenica?»

Madre non sollevò gli occhi dal cucito. «Sì.»

David Lantz stava finalmente per unirsi alla chiesa? Isaac avrebbe dovuto provare gioia a quella notizia, il suo petto rimase stranamente vuoto. C’era sempre stato qualcosa di diverso in David, ma quel qualcosa sarebbe senza dubbio svanito una volta che fosse stato battezzato e avesse perso moglie. Per quale motivo Isaac doveva protestare? A volte gli sarebbe piaciuto capire le sciocchezze che gli passavano per la testa.

Si udì un tonfo sordo. Madre strinse gli occhi in direzione della stanza principale ed esclamò un brusco: «Ragazzi. A letto.»

Isaac sospettò che i passi che si precipitavano su per le scale appartenessero anche a sua sorella minore Katie. Quando tutto tornò a farsi silenzioso, Madre parlò di nuovo, l’ago sospeso sulla toppa che stava cucendo al gomito logoro della camicia di Ephraim, o di Joseph o forse di Nathan.

«Neanche tu sei stato ancora battezzato, Isaac mio.» Infilzò l’ago nella stoffa. «Non sappiamo cos’è che stai aspettando. Non è il momento che tu ti unisca alla chiesa? Non vuoi farti crescere la barba e diventare un uomo? Trovare una moglie?»

Non proprio. «Ho soltanto diciotto anni! David Lantz ne ha già ventidue.»

Padre si accarezzò la lunga barba. Anche se, per un motivo o per l’altro, aveva ancora le sopracciglia nere come la pece, i suoi capelli e la barba che gli spuntava dal mento erano per lo più grigi. «È saggio dimostrare pazienza, ed essere convinti, prima di prendere l’impegno di unirsi alla chiesa. Dopotutto è per questo che veniamo battezzati da adulti invece che da bambini. Così possiamo impegnarci con Dio e con la comunità con tutto il nostro cuore.»

«Sì, Padre,» borbottò Isaac.

«Sappiamo che troverai la strada verso il paradiso. Ogni uomo e ogni donna devono giungere alla propria scelta nei propri tempi, proprio come farai tu. La scelta giusta.»

Isaac represse l’impulso di grugnire divertito. Scelta. Quella parola non aveva alcun significato a Zebulon. Certo che si sarebbe unito alla chiesa. Che altro poteva fare? A quel pensiero, si sentì percorrere da una corrente elettrica: un misto di terrore e cupa eccitazione che teneva rinchiuse dentro di sé, e liberava solo nelle ore più buie e tarde della notte. Si schiarì la voce.

«Mi chiedo soltanto se è pronto a prendere un apprendista.»

«Per quale motivo non dovrebbe?» rispose Padre. «A meno che, dopotutto, tu non preferisca restare a lavorare con me alla fattoria.»

«No, no,» rispose Isaac con eccessiva premura. «Basta che tu riesca a mungere il bestiame senza il mio aiuto.»

«Ce la faremo.»

«È solo che…»

«David Lantz è stato sgarbato con te?» chiese Madre, aveva una ruga in fronte e il cucito abbandonato in grembo.

«Per niente. È solo che lui è…» Terrificante. «Sono soltanto sorpreso, immagino. Non mi aspettavo questa opportunità.»

Madre fece un sorriso furbo. «È un bene che tu possa conoscerlo meglio. Presto potrebbe diventare tuo fratello.»

«Mamma!» Isaac arrossì, desiderando poter essere altrove.

Madre lo fissò a labbra serrate, Padre sollevò un sopracciglio cespuglioso e Isaac si rese conto di quello che aveva detto. Quando si erano trasferiti a Zebulon, era stata una vera faticaccia smettere di chiamare i suoi genitori ‘mamma e papà’, ma il nuovo Ordnung seguito dalla comunità aveva stabilito che quelle parole erano troppo moderne e mondane. «Scusatemi. Comunque, conosco Mary Lantz a malapena.»

Madre fece schioccare la lingua. «Sì che la conosci. Ci conosciamo tutti a Zebulon. Oh Isaac, sei ancora così timido con le ragazze. Tuo padre era proprio come te.» Ridacchiò e le sue dita volarono – l’ago d’argento scintillò – mentre riabbassava il capo sul lavoro.

La nera stufa a legna ruttò. Isaac ascoltò il ticchettio dell’orologio che Madre ricaricava all’inizio di ogni mese. L’unico altro oggetto appeso alle pareti bianche era un semplice calendario comprato al negozio di alimentari. Avendo abbastanza clienti Amish da Zebulon, il proprietario aveva iniziato a preparare dei calendari senza figure.

Isaac chiuse gli occhi per un attimo e immaginò come sarebbe stato il proprio futuro: lavorare spalla a spalla con David Lantz, mentre faceva la corte a Mary. Questo perché, una volta unitosi alla chiesa, avrebbe avuto bisogno di una moglie. Isaac sentì di nuovo lo stomaco agitarsi, non riusciva a decidere cosa provare. Doveva tentare di fare cambiare idea a suo padre?

Con un sospiro silenzioso, la sua mente tornò al passaggio della Bibbia che più gli era familiare; l’aveva ripetuto talmente tante volte che, praticamente, ce l’aveva inciso nelle ossa. Avevano il permesso di leggere solo la Bibbia in tedesco, ma Isaac si ripeté il passo in inglese. La sua era una ribellione piccola e patetica dato che, naturalmente, avrebbe fatto come gli veniva detto di fare.

Bambini, obbedite ai vostri genitori nel Signore, perché questa è cosa giusta. Onora il padre e la madre; tale è il primo comandamento.

Padre tornò alla sua Bibbia e bevve un sorso di tè dalla sua tazza. «Comincerai lunedì.»

E fu tutto.

* * * * *

Il ronzio del motore era poco più di una vibrazione nell’aria, faceva da sottofondo alla sinfonia delle cicale dietro al fienile, ma per la fretta Isaac inciampò nello sgabello da mungitura. La testa di Ephraim si alzò di scatto.

«Che c’è?»

Isaac era già fuori dal suo box per la mungitura e sulla porta aperta del fienile. Si asciugò la fronte con la manica della camicia blu scuro, raddrizzò il piatto cappello di paglia e poi, con una passata delle dita, si assicurò che la fascia nera che gli correva intorno fosse in ordine. Aveva aperto i tre gancetti sul collo della sua camicia priva di colletto, così li richiuse in fretta prima di raddrizzarsi gli straccali e spolverarsi il didietro dei pantaloni neri.

«Aspetta! L’ultima volta ci sei andato tu!» Ephraim lo raggiunse sulla porta, le mani sui fianchi. Aveva sedici anni ed era alto quasi quanto Isaac, forse anche di più, sfiorava il metro e novanta con la massa di ricci ribelli color sabbia che aveva in testa.

«Sono più grande di te. Finisci di mungere.»

Lasciandosi alle spalle gli sbuffi e i borbottii di Ephraim, Isaac oltrepassò in fretta il pollaio; mentre coi piedi sollevava la polvere, gli uccelli chiocciavano e starnazzavano. Era talmente abituato ad avere i piedi sporchi, dopo sette anni passati a seguire le usanze degli Swartzentruber, che ci faceva a malapena caso. Si infilò sotto le lenzuola che pendevano, fiaccamente, dal filo del bucato che correva tra la lavanderia e la loro casa.

Isaac sapeva che non era giusto e che suo fratello aveva perfettamente ragione, ma non ricevevano molti visitatori. Non poteva resistere, soprattutto quando Padre era dalla parte opposta dei loro terreni, a occuparsi della piccola coltura di fagioli di soia che vendeva ai vicini.

Le frisone pascolavano sulle colline tondeggianti oltre il fienile, i loro fianchi color crema e nero spiccavano nel mare di verde. Possedevano diciassette mucche e vendevano due tonnellate di latte a settimana a un caseificio biologico del posto. Il caseificio veniva a prendere il latte, ma il loro camion non arrivava mai così avanti nella giornata. Il battito cardiaco di Isaac accelerò quando scorse il veicolo in avvicinamento.

Il sole del tardo pomeriggio si rifletteva sul grigio metallizzato di una grande automobile che gli Inglesi chiamavano SUV. Isaac non sapeva cosa significasse quella sigla, ma l’auto era un vero spettacolo: alta da terra come un calesse, ma lustra e lucente. Formidabile. Si domandò come fosse sentire il ronzio di quel motore sotto di sé. Una sensazione di calda oppressione alle viscere lo avvertì che quello era un pensiero pericoloso e Isaac si concentrò sulla coppia che smontava dal veicolo.

L’uomo lo salutò e, con un ampio sorriso, si tolse gli occhiali da sole. «Ciao! Abbiamo visto l’insegna in cima al sentiero. Spero non sia troppo tardi, ma a mia moglie piacerebbe vedere le trapunte.» Scacciò un tafano.

«Non è affatto tardi. Vado a chiamare mia madre.» Isaac lanciò un’occhiata alla casa, sapendo che la donna sarebbe stata incollata alla finestra della cucina. La tendina nera ondeggiò e, alcuni istanti dopo, Madre apparve sulla soglia. Isaac si rivolse a lei in tedesco, dicendole di portare le trapunte.

Isaac tornò a rivolgersi alla coppia di Inglesi. «Ci vorrà solo un momento.»

La donna dai capelli rossi era sulla quarantina. Aveva un paio di occhiali da sole scuri appollaiati in cima alla testa e labbra di un rosso acceso. Indossava pantaloncini che non le arrivano nemmeno alle ginocchia e una camicetta senza maniche, con dei bottoni sul davanti.

«Che bel posticino avete qui!»

«Grazie.» Isaac sorrise educatamente. La loro semplice casa in legno a due piani era orlata di grigio scuro a piano terra e di blu scuro sulla sommità. C’erano tendine nere appese a tutte le finestre e il tetto era di stagno. Era tutto fuorché bella, e il fienile color rosso scuro, la lavanderia e la piccola ghiacciaia avevano bisogno di una mano di vernice. Almeno il gabinetto esterno era nascosto agli sguardi da una macchia di alberi.

Madre trascinò fuori un baule e Isaac corse ad aiutarla. Katie veniva subito dopo, riusciva a malapena a vedere al di sopra di una bracciata di trapunte ordinatamente piegate. Aveva dieci anni, era l’unica figlia femmina rimasta ed era già una trapuntatrice esperta. Spiò i visitatori da dietro il suo carico.

Isaac tornò da loro. «Potete andare a dare un’occhiata.»

L’uomo dava dei colpetti al telefono e non si unì alla moglie. Era più alto di Isaac di tutta una testa e aveva spalle molto ampie. I suoi capelli chiari erano tagliati cortissimi, aveva una corta barba e un paio di baffi. Isaac cercò di pensare a qualcosa di appropriato da dire.

È da maleducati parlare a qualcuno che usa il telefono? Gli sto troppo vicino? Tuttavia l’uomo non stava telefonando, solo toccando lo schermo coi pollici.

«Parla con qualcuno quando fa quella cosa?» si lasciò sfuggire Isaac.

L’uomo sobbalzò, come se si fosse dimenticato della sua presenza. Diede qualche altro colpetto al piccolo telefono e poi se lo lasciò scivolare nella tasca dei jeans. «Scusami, stavo soltanto mandando un SMS a mia mamma. Bada ai bambini per il fine settimana.»

«Nessun problema. Allora… è così che si invia un messaggio? Un SMS?»

«Oh, giusto. Voi non mandate molti SMS da queste parti, eh?» Tirò fuori di nuovo il cellulare. «Vuoi che ti faccia vedere?»

Sì! Isaac lanciò un’occhiata in direzione della casa. Madre sorrideva educatamente mentre la donna Inglese chiacchierava e si accovacciava per esaminare le trapunte. Erano abbastanza distanti e Isaac non riusciva a distinguere le loro parole, ma Madre incrociò il suo sguardo.

In tedesco disse: «Tutto bene?»

Isaac annuì e tornò a girarsi verso l’uomo. «La ringrazio, ma è meglio di no.»

Lui scrollò le spalle e si rimise il telefono in tasca. «D’accordo.»

Seguì un silenzio imbarazzato, e Isaac pensò che forse avrebbe dovuto semplicemente lasciare l’uomo ai suoi SMS.

«Era olandese quello che parlava tua madre? Come lo chiamano… olandese della Pennsylvania?»

Isaac sorrise. «In realtà è un dialetto tedesco. Non so perché lo chiamino olandese.»

«Vero? Porca miseria.» L’uomo sollevò una mano. «Scusa il linguaggio.»

«Nessun problema.»

Il visitatore aprì la portiera del SUV e tirò fuori una bottiglia d’acqua di plastica. «Mia moglie non vedeva l’ora di visitare la comunità Amish di qui. Adora comprare autentici oggetti fatti a mano e cose così.»

«Che… bello.» La maggior parte dei turisti Inglesi che passavano di lì lo facevano mentre Padre era in casa. Isaac non riusciva a ricordare l’ultima volta che aveva parlato con uno di loro. Di cosa parlano gli Inglesi? «Ah, da dove venite?»

«Winnipeg… su, in Canada?» Gli tese la mano. «Sono Darren Bell, e mia moglie si chiama Michelle.»

Isaac gliela strinse. «Isaac Byler. Piacere di conoscervi.»

«Da quanto tempo vivete qui, Isaac? Non ricordavo ci fossero Amish qui intorno, l’ultima volta che sono passato. Però è stato un bel po’ di tempo fa, immagino.»

«Viviamo qui da circa sette anni.»

«Venite dalla Pennsylvania?» Darren bevve un sorso dalla bottiglia; quando deglutì, il suo pomo d’Adamo andò su e giù.

«No, dall’Ohio. Un posto che si chiama Red Hills.»

«Ohio, eh?» Darren appoggiò un gomito al veicolo, la maglietta bianca gli si tese sui muscoli. «E perché vi siete trasferiti nel Minnesota del nord? Gli inverni non erano freddi abbastanza per voi?»

Isaac si accorse che stava fissando il petto di Darren e l’indistinta chiazza di peluria scura sotto al cotone bianco. Con una risata impacciata, riportò immediatamente lo sguardo sul viso dell’uomo. «Erano abbastanza freddi per me, decisamente. Ma volevamo rompere col passato e fondare il nostro insediamento, e la terra qui è tanta e a buon prezzo.» Il che era abbastanza vero.

«Quanta gente abita in questo posto? Non so che nome abbia, non sembra esserci un centro città vero e proprio.»

«Zebulon. Siamo circa centottanta.»

«Immagino che vi conosciate tutti qui, eh? Sono cresciuto in una cittadina, nella Manitoba dell’est, e vivere in città non è esattamente la stessa cosa.» Rise. «Non che Winnipeg sia una metropoli in espansione. Però, è bello avere vicino delle persone su cui poter fare affidamento.»

«Già.» Anche se Isaac si chiedeva spesso come sarebbe stato vivere in una città ed essere libero di fare quello che gli pareva senza che tutti lo venissero a sapere.

«Perché volete tutti fondare una nuova comunità?» Darren alzò le mani. «Scusami… fermami se divento troppo ficcanaso.» Lanciò un’occhiata a sua moglie e sorrise mestamente. «Potrebbe rimanersene lì per un po’.»

«Per me non è un problema.» Isaac immaginò quanto avrebbe brontolato Padre, dopo la partenza degli Inglesi, se quelle domande fossero state fatte a lui. «Il nostro vescovo sentiva che il nostro vecchio insediamento era diventato troppo moderno e mondano. Sedici famiglie lo hanno seguito fin qui. Altre due sono venute dopo, e un’altra l’anno scorso.»

«Troppo moderna?» Rise Darren. «Davvero?»

Isaac ridacchiò, spingendosi su il cappello per grattarsi la fronte. «So che deve sembrare assurdo per un Inglese.»

«Scusami… Non volevo offenderti.»

«Non si preoccupi.» Isaac si lanciò un’occhiata alle spalle e abbassò la voce. «Anche a me sembrava parecchio assurdo all’inizio. C’erano già un sacco di regole in Ohio e qui ne abbiamo ancora di più. Non credo che un Inglese durerebbe molto a Zebulon.»

Darren inclinò la testa, continuando a sorridere in modo disinvolto. «E così io e Michelle siamo quelli che voi chiamate Inglesi, giusto? Perché Inglesi e non Americani? O Canadesi, nel nostro caso.»

«Una volta, da bambino, l’ho chiesto a mio padre. Lui ha semplicemente risposto che è così che facciamo le cose. Lo dice spesso.»

«Ci scommetto.» Darren prese un’altra sorsata d’acqua. «Allora, le regole non erano abbastanza severe prima che il tuo vecchio e gli altri si trasferissero qui?»

Isaac fissò una goccia d’acqua sul labbro inferiore di Darren. «Ah…» Si ficcò le mani nelle tasche e tornò a concentrarsi. «Già. Pensavano che, nel posto in cui vivevamo, gli Amish fossero diventati troppo permissivi. I cerchioni dei calessi erano ricoperti di gomma invece che di acciaio, alcune famiglie avevano perfino il telefono. Non dentro casa, naturalmente, in dei capanni in fondo al vialetto. Avevano tubature interne e…»

Darren attese, le sopracciglia inarcate.

«E i giovani stavano diventando troppo turbolenti.» Ci hanno rovinato tutto. «Qui a Zebulon seguiamo le tradizioni degli Amish degli Swartzentruber.»

«Swartz…Swartzentruber? Che cosa vuol dire?»

«È un nome. Dopo essersi separati dalla comunità Amish più grande in Ohio, i vescovi sono stati chiamati Swartzentruber. Immagino che sia rimasto.»

Darren incrociò le braccia abbronzate, la bottiglia di plastica gli penzolava dalle dita. «Be’, si impara una cosa nuova ogni giorno. Pensavo che tutti gli Amish fossero uguali.»

«Nessun problema, quasi tutti gli Inglesi la pensano così. Ma ci sono Vecchio Ordine, Nuovo Ordine, Swartzentruber e Beachy.» Sorrise Isaac. «Naturalmente noi pensiamo che il nostro Ordnung sia quello giusto. Le nostre regole, voglio dire.» Non avrebbe dovuto parlare in modo tanto schietto con un turista, ma c’era qualcosa in Darren che gli faceva sciogliere la lingua. «E anche noi pensiamo che voi siate tutti uguali, credo.»

Quando Darren sorrise, i suoi denti scintillarono. «Giusto.» Chiamò sua moglie. «Tesoro, non dovremmo trattenere troppo queste persone. È quasi ora di cena.»

«Ancora un minuto,» rispose lei.

«Non si preoccupi.» Lo rassicurò Isaac. Può metterci tutto il tempo che vuole, se compra qualcosa.

«D’accordo, dove eravamo rimasti?» Darren si accarezzò la barba. «Quand’è successo? Che gli Swartzenhuber hanno preso e se ne sono andati, dico.»

All’improvviso, Isaac ebbe un’idea bizzarra: come sarebbe stato sentire la corta barba di Darren contro la guancia? Si fissò i piedi sporchi, senza correggere Darren per l’errore di pronuncia. «Oh, molto tempo fa. Circa un centinaio di anni, credo. Ci sono Swartzentrubers dappertutto, adesso. Alcuni qui nel Minnesota, giù a Fillmore County. Per certi versi, quassù siamo un po’ diversi. Lo sono quasi tutti gli insediamenti. Ci piace fare le cose a modo nostro.»

«Ti dispiace dirmi in che cosa siete differenti voi?»

Isaac agganciò i pollici agli straccali. «Per esempio, di queste ne portiamo due. Alcuni degli Swartzentrubers ne usano soltanto una.»

«Le bretelle? Perché non due?»

«Troppo da vanitosi, dicono.» Isaac scrollò le spalle. «Ma io penso che siano fantastiche per tenere su i pantaloni. Il Vescovo Yoder era d’accordo, per fortuna.» Guardò Darren massaggiarsi il mento. «Prude?»

Le sopracciglia di Darren si incresparono. «Cos’è che prude?»

Isaac giocherellò con la tesa del cappello prima di spingere le mani nelle tasche. «Avere la barba su tutta la faccia, come ce l’ha lei. Non solo sulla parte inferiore.»

«Oh, quello.» Darren fece spallucce. «D’estate mi fa un po’ caldo, ma no, non prude. Gli uomini Amish non si fanno crescere la barba?»

«Dolcezza?» Trillò la voce della donna. «Quale di queste pensi che starebbe meglio nell’appartamento della mamma? Vieni a vedere.»

Darren sorrise. «Scusami. Il dovere chiama.»

Isaac lo osservò trotterellare dalla moglie che esaminava le trapunte. Con i loro colori vivaci e i motivi intricati, Isaac non riusciva a credere che le trapunte non fossero troppo mondane. Ma le vendevano agli Inglesi a una fortuna e lui di certo non si sarebbe lamentato.

Con l’attenzione generale sulle trapunte, Isaac scivolò più vicino al SUV. Dopo una rapida occhiata per assicurarsi che Madre non stesse guardando, si avvicinò – fin dove ebbe coraggio – per dare uno sguardo allo specchietto laterale. Sebbene Isaac fosse cresciuto con uno specchio in bagno, a Zebulon il Vescovo Yoder li aveva dichiarati gingilli del demonio: strumenti oscuri che incoraggiavano la vanità e l’orgoglio. Da quanto aveva undici anni, Isaac aveva visto il proprio riflesso di rado.

Col cuore che gli batteva forte, piegò la testa. Sotto al cappello di paglia, i corti capelli color sabbia gli sfioravano la fronte alla maniera di buona parte degli uomini Amish. I capelli non dovevano coprirgli le orecchie però, e non aveva la barba dato che non era ancora stato battezzato. D’estate faceva talmente caldo che Isaac teneva i capelli il più corti possibile.

Aveva gli occhi color giallo-castano orlati da lunghe ciglia e, mentre si guardava più da vicino, vide pallide lentiggini spruzzate a cavallo del naso e sulla parte superiore delle guance. Era abbronzato dal sole estivo e aveva un aspetto robusto e forte. Bello, perfino.

Non bello quanto David Lantz.

Arrossì per la vergogna e quasi inciampò nei propri piedi mentre metteva una rispettabile distanza tra sé e la macchina Inglese. Non sapeva da dove fosse arrivato quel pensiero. Era sbagliato essere orgogliosi del proprio aspetto, anche soltanto notare quello di David era semplicemente…

Gli balzò alla mente la parola che i bambini Inglesi usavano per lui quando andava in città, a Red Hills. Sì, era strano pensare a David in quei termini. Tra due giorni avrebbe cominciato a lavorare con lui ed eccolo lì, a fare pensieri folli.

Isaac scosse la testa. Qual era il suo problema? Era una tale assurdità essere, al tempo stesso, affascinato e terrorizzato. David Lantz stava per unirsi alla chiesa. Era un uomo onorevole e buono. Gran lavoratore e perbene. Cosa c’era da temere?

«Isaac!» Esclamò la voce di sua madre.

Corse da lei per aiutarla a trasportare le tre trapunte scelte da Michelle. Con l’ombra dell’inverno che incombeva da dietro l’angolo, era un bene ricevere quanti più soldi extra possibile dai turisti. A Isaac sarebbe piaciuto poter vendere le trapunte a Warren, ma l’Ordnung lo proibiva, anche se agli Inglesi era permesso fare compere in molte altre comunità Amish. A Zebulon, il Vescovo Yoder era intenzionato a tenerli lontano dal mondo impuro.

In più erano venti miglia tra andata e ritorno, il che avrebbe richiesto ore, ed era un viaggio difficile per Roy, l’Americano da sella che tirava il calesse di famiglia. Warren non era nemmeno una grande città, ma Isaac non vedeva l’ora di farvi ritorno. Erano passati più di tre anni dall’ultima volta che si era allontanato dalle fattorie di Zebulon per più di un giorno.

Darren tirò fuori i soldi dal portafogli e contò qualche banconota, dandole a Isaac. Poi tese di nuovo la mano. «È stato un vero piacere conoscerti, Isaac.»

Isaac gli strinse la mano. «Spero che ci vedremo di nuovo, un giorno.»

«Me lo auguro. Ancora una domanda: perché gli uomini Amish non hanno i baffi?»

Isaac era ben cosciente della presenza di sua madre, che rimaneva a pochi metri dietro di lui, ma non trovò motivo per non rispondere. «Troppo militaresco. È una cosa che risale a molto tempo fa… alla Germania.»

Michelle agganciò la mano al braccio del marito. «Non è interessante? Sono davvero contenta che ci siamo fermati. Ehi, posso fare una foto?» Infilò le mani nella borsa.

Isaac alzò una mano. «No. Mi dispiace, non ci è permesso posare per le fotografie.» All’espressione inquisitoria di Darren, aggiunse: «Sono feticci. È contro le regole. Ma d’altro canto, dipende dalla comunità. Alcuni Amish poserebbero.» Ma Padre aveva sempre detto loro di dire di no e, anche se lui era nei campi, Madre era nei paraggi.

Michelle sorrise. «Scusami. Non me n’ero accorta. Allora vi chiamate Byler, giusto? Nomineremo sicuramente le vostre meravigliose trapunte su Trip Advisor.»

Isaac non sapeva che intendesse, ma sorrise e annuì, salutandoli con la mano mentre se ne andavano. Era stata un’estate secca e anche adesso, a settembre inoltrato, il caldo perdurava. Darren e Michelle si lasciarono dietro una nuvola di polvere, quando si posò, il SUV era sparito. Isaac rimase ad ascoltare il suo flebile brontolio finché non rimasero altro che il canto delle cicale ed Ephraim, che gli urlava di tornare al fienile.

* * * * *

Con un sospiro, Isaac si girò sull’altro fianco e colpì Nathan col gomito più forte del dovuto. Ma Nathan era diventato talmente secco e allampanato, in quel periodo di sviluppo improvviso, che Isaac pensò di aver fatto più male a se stesso che al fratello. Con i capelli castani ritti, Nathan grugnì e borbottò, passandosi una mano sulla faccia brufolosa.

Naturalmente ricominciò a russare di lì a un attimo. Come facessero Ephraim e Joseph a dormire tanto saporitamente, nel loro letto, con Nathan che faceva tutto quel baccano, Isaac non ne aveva idea. Nathan aveva dormito silenziosamente per anni, ma gli ultimi mesi erano stati tutta un’altra storia. Era come se uno dei treni merci che rombavano a est di Zebulon avesse deviato nella loro camera da letto.

Mancavano ancora diverse ore all’alba. Isaac avrebbe voluto accendere la lampada e finire di intagliare il cavallo che stava preparando per l’ottavo compleanno di Joseph, ma voleva che fosse una sorpresa. E la luce avrebbe potuto svegliare i suoi fratelli, anche se sembravano sordi al russare di Nathan.

Isaac chiuse gli occhi e si ordinò severamente di ignorare il rumore. Doveva trovare pace nello spirito della fratellanza e gettare da parte la propria ira. Senza dubbio, il sonno sarebbe arrivato. Inspirò profondamente e contò i secondi prima di espirare. Accanto a lui, Nathan grugnì e rotolò sul fianco.

Per un attimo vi fu solo delizioso silenzio.

Seguito poi da un ruggito familiare che raggiunse un apice febbrile prima di tornare ad affievolirsi. Più e più volte, finché Isaac non gettò via la trapunta e si diede alla fuga. Dopo aver chiuso gentilmente la porta dietro di sé, scese le scale in punta di piedi. Tanto valeva che facesse una capatina al gabinetto esterno, visto che era sveglio.

Anche se le giornate erano calde, Isaac rabbrividì quando si avventurò dietro la casa, sentiva il terreno sorprendentemente freddo sotto i piedi nudi. C’era solo una falce di luna a illuminargli il cammino e Isaac si fermò un attimo, chiedendosi se non fosse il caso di tornare indietro a prendere la lanterna. Ma aveva fatto quel tragitto almeno un migliaio di volte. Si affrettò in direzione degli alberi.

Una volta nel gabinetto, sollevò la camicia da notte e trasalì a contatto col gelido sedile in legno. Rabbrividì al pensiero di come sarebbe stato freddo di lì a poco. Almeno il sedile era liscio e levigato dall’uso. Alla fattoria nuova di Noah Miller, Isaac aveva pensato di buscarsi delle schegge nel posteriore. Con tutto l’impegno che la comunità aveva messo nel costruire il fienile di Miller, avrebbe potuto riservare un po’ più di attenzione anche agli altri edifici.

Dopo aver finito quello che doveva fare, Isaac vagò tra gli alberi, senza fretta alcuna di tornare alla cacofonia di Nathan. Di male in peggio, l’indomani sarebbe stata domenica, e un giorno di funzione. Sapeva che era terribilmente peccaminoso, ma Isaac non poteva fare a meno di aspettare con impazienza le domeniche in cui non c’era la messa. Aveva sentito dire che gli Inglesi Cristiani andavano in chiesa tutte le domeniche, per questo avrebbe dovuto essere felice di essere costretto a sopportare le funzioni solo una volta ogni due settimane.

Eppure l’idea di starsene seduto su una panca dura e affollata, a casa degli Hooley, mentre il Vescovo Yoder e i pastori andavano avanti a ronzare gli ispirava poca gratitudine. Non sapeva quando sarebbe toccato di nuovo alla sua famiglia ospitare la chiesa, ma sperava che ci volesse un bel po’.

E naturalmente la domenica sera, dopo la messa, era riservata alle canzoni. Isaac immaginava già lo sguardo appassionato e il dolce sorriso di Mary Lantz. Era una brava ragazza e sarebbe stata una buona moglie. Eppure Isaac provava solo uno strano senso di vuoto quando cercava di immaginare il suo futuro con la sorella di David Lantz.

Al pensiero di David, il calore dentro di lui crebbe. Almeno, all’ombra degli alberi frondosi, nessuno poteva vederlo arrossire fino alla punta delle orecchie. A partire da lunedì avrebbe visto David Lantz tutti i giorni. Avrebbe passato molte ore con lui e con i suoi occhi celesti, che risplendevano di un qualcosa che Isaac non riusciva a identificare. Anche solo scorgere quel qualcosa lo faceva sentire in colpa.

Eppure a Isaac non veniva in mente neanche una volta in cui, nel corso degli anni, David Lantz avesse infranto l’Ordnung. A Red Hills conosceva David a malapena e, dopo il terribile incidente che li aveva spinti a creare Zebulon, per quel che ne sapeva Isaac, David aveva sempre vissuto secondo le regole. Se non l’avesse fatto, i sussurri sarebbero senz’altro arrivati all’orecchio di Isaac. Mantenere un segreto a Zebulon non era facile.

Nonostante ciò, era sembrato strano a tutti che David avesse aspettato tanto prima di unirsi alla chiesa. Forse, durante le serate cantanti, una delle ragazze aveva finalmente attirato la sua attenzione. Isaac deglutì a fatica, aveva la gola improvvisamente secca. Isaac si era aspettato che David facesse la corte a Katie Miller, Rebecca Yoder o Sarah Raber. Eppure non era uscito con nessuna di loro. Sicuramente le cose sarebbero cambiate nelle settimane a venire.

Isaac si appoggiò contro il tronco di un albero di legno-ferro. Sentiva la corteggia scabra attraverso la camicia da notte, ma non gli importava. Dato che era sabato, quella sera aveva fatto il bagno; si infilò la mano dentro al colletto per strofinarsi la pelle fastidiosamente secca.

Il ricordo della cerimonia di consacrazione alla fattoria dei Kauffman si dipanò nella sua mente. Costruire fienili era il genere di consacrazione preferita da Isaac, quando la comunità si radunava per collaborare. Non andava matto per la macellazione dei maiali dai Raber, o per la raccolta del mais dagli Otto, ma costruire fienili era divertente. Quel giorno di primavera, dai Kauffman, si era ritrovato in alto, quasi in cima alla struttura del fienile, a piantare chiodi accanto a David Lantz.

Faceva fresco e il cielo era nuvoloso, ma il sudore gli pungeva la spina dorsale. Isaac si mise a cavalcioni di una spessa trave vicino a David, entrambi lavoravano alla struttura in silenzio, anche se Isaac si mordicchiava il labbro per non cominciare a parlare a vanvera. Non aveva idea del perché fosse nervoso. Probabilmente era per la distanza dal terreno sottostante.

Da sotto la tesa del cappello di paglia, guardò in su. Ad alcuni metri di distanza, all’altro capo di una trave, David martellava tenendo la testa piegata: il cappello gli copriva i folti capelli scuri e la tesa gli metteva in ombra il viso, mentre lui stava chino sul suo lavoro.

Isaac lasciò vagare lo sguardo. La stoffa nera dei pantaloni di David si tendeva sopra le sue forti cosce e, là dove aveva arrotolato le maniche della camicia grigia, si vedevano gli avambracci muscolosi. Una peluria scura gli punteggiava le braccia, Isaac venne colto dal bizzarro impulso di accarezzare la pelle nuda di David. Il suo respiro si fece irregolare.

Nel giro di un attimo, David alzò la testa, gli occhi celesti fissi su Isaac. Era ben rasato, dato che ancora non si erano unito alla chiesa, e aveva le labbra piene e…

«Stavo solo…» Isaac agitò il braccio, distogliendo rapidamente lo sguardo dalla bocca di David. Sentì lo stomaco serrarsi mentre scartava pericolosamente e perdeva l’equilibrio, con in mano ancora chiodi e martello. Guaì, ma poi David lo prese, afferrandogli la spalla con una mano e il ginocchio con l’altra. Coi nervi scossi, Isaac cercò di sorridere. I calli sulle dita di David si impressero alla base del suo collo.

Isaac riuscì a gracchiare una parola. «Grazie.»

David non lo lasciò andare. «Tieni i chiodi in tasca e tirane fuori uno per volta. In caso di bisogno puoi farlo cadere senza colpire nessuno di sotto.»

«Giusto. Buona idea.» Isaac annuì vigorosamente. David continuava a stringerlo e Isaac ebbe la sensazione che la sua spalla e il suo ginocchio fossero in fiamme, anche se non provava alcun dolore. «Come hai fatto a fare così in fretta?» Annuì in direzione del martello di David: adesso era ordinatamente agganciato alla vita dei suoi pantaloni, ma pochi istanti prima era stato nella sua mano.

Le labbra di David si incurvarono in un sorriso, sulla guancia gli comparve una fossetta. «Pratica. Sicuro di stare bene?» Strofinò il ginocchio di Isaac.

Isaac si sentì invadere da un desiderio denso; pregò che la patta dei suoi pantaloni non si gonfiasse, non voleva umiliarsi. Signore, cosa c’era che non andava in lui? Fece un respiro profondo, distogliendo lo sguardo da quegli occhi chiari, mentre riprendeva posto sulla trave, sottraendosi alla presa di David. «Sto bene!» La sua risata assomigliò al raglio di un asino. Dopo alcuni lunghi respiri, tornò a guardare in su.

David lo stava ancora osservando, ma adesso c’era qualcosa di nuovo nel suo sguardo: uno scintillio strano e magnifico, che fece provare a Isaac un calore insopportabile in tutto il corpo. Non riuscì a distogliere lo sguardo e quell’istante si protrasse, il silenzio tra loro e il rumore degli uomini al lavoro tutto attorno svanirono nell’umida aria primaverile.

Isaac si leccò le labbra secche e David abbassò di nuovo la testa di scatto, il viso nascosto, il petto che si alzava e si abbassava rapidamente. Tolse il martello dai pantaloni, non disse nient’altro mentre se ne tornava al lavoro.

Isaac si accorse che stringeva talmente forte i chiodi nella mano sinistra che quasi si era tagliato il palmo. Gli tremavano le dita mentre li infilava tutti, eccetto uno, nella tasca.

Isaac si mosse contro l’albero a disagio; abbassò furtivamente la mano e, attraverso la camicia da notte, strofinò una volta il palmo contro l’uccello in erezione, prima di allontanarlo in fretta. Ecco perché cercava di evitare David Lantz. Il peccato minacciava di sbocciare nella sua anima, e Isaac doveva schiacciarlo. Doveva estinguere quella scintilla prima che attecchisse e bruciasse senza controllo.

In lontananza, il fischio di un treno perforò la quiete. Anche se riusciva a malapena a intravedere qualcosa fra gli alberi, Isaac chiuse gli occhi e immaginò un’infinita fila di vagoni sfrecciare lungo i binari, trasportando un carico sconosciuto verso luoghi lontani da Zebulon. Forse il treno avrebbe attraversato le montagne e sarebbe arrivato in riva all’oceano, oltrepassando paesi e perfino città nel suo viaggio.

Mentre si immaginava in cima a quel treno felice, il suo corpo vibrò come se vi fosse per davvero, come se potesse sentire la forza della locomotiva fremere attraverso di lui. Le immagini del metallo rombante e dei paesaggi lontani si fusero con gli occhi azzurri di David Lantz e la sua fossetta solitaria. Isaac non riusciva a negare l’eccitazione disperata e terrificante che gli montava dentro. Si alzò la camicia da notte fino alla vita.

Facendo scivolare indietro il prepuzio, Isaac si toccò l’uccello ruvidamente, le labbra strette per soffocare i propri gemiti. Anche lontano da casa, in mezzo agli alberi, nel bel mezzo della notte, doveva essere prudente. Nessuno doveva sapere il suo segreto.

La fredda aria notturna bisbigliava sulla sua pelle nuda. Isaac tremava, ma il pensiero di quanto fosse immorale trovarsi mezzo nudo all’aria aperta, a toccarsi quando sapeva che non avrebbe dovuto farlo, accresceva la sua eccitazione. Non era troppo distante dal gabinetto esterno, se qualcuno l’avesse usato l’avrebbe senza dubbio scoperto.

Ma non riusciva a smettere.

Arricciò le dita dei piedi nell’erba mentre fletteva le cosce e spingeva coi fianchi, appoggiando la parte superiore della schiena all’albero e inarcandosi contro la stretta decisa della sua mano. Nella sua immaginazione era nudo nell’aria notturna, volava in cima del treno col vento che gli spazzava via i capelli dalla fronte.

David era lì, i suoi occhi bruciavano, vedevano dritto nell’anima di Isaac. Poi la mano con cui si toccava divenne quella di David. Sentiva il suo respiro caldo sul volto mentre l’uomo si chinava su di lui, così vicino, e le sue labbra erano soffici e poi impetuose mentre lo reclamava…

Il fischio del treno risuonò ancora, più vicino stavolta, e il grido di Isaac riecheggiò assieme a esso. Il ragazzo venne nella sua mano mentre il piacere lo lacerava, lasciandolo tremante e devastato. Aprì gli occhi, facendo saettare la testa da destra a sinistra per assicurarsi di essere ancora solo.

Col petto che si alzava ed abbassava rapidamente, si tirò giù la camicia da notte e si precipitò verso il gabinetto esterno. Strappò un pezzo della ruvida carta igienica e si pulì meglio che poté con le mani tremanti.

Una volta tornato a letto coi grugniti di suo fratello, Isaac pregò per il perdono e l’arrivo dell’alba.

Copyright © Keira Andrews and Chiara Fazzi (translator)

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